Quando avevo 14 anni, la mia insegnante di Italiano disse a mia mamma: “la Federica e’ una brava ragazzina, ma ha paura persino della sua ombra!“. Ed era verissimo. Da adolescente avevo paura di essere guardata, giudicata, avevo paura di parlare con la gente, di attaccare discorso, di fare domande. Avevo l’autostima sotto le scarpe.
Poi sono cresciuta, e la cosa e’ continuata, sebbene in misura minore. Mi ricordo mia mamma che faceva di tutto per spingermi a parlare, a chiedere. Come durante la vacanza in Francia, quando “siccome tu sai il francese…” dovevo chiedere agli sconosciuti le indicazioni stradali o come si faceva per arrivare al Novotel di Lione. Una vergogna immensa…non solo dovevo fare una domanda, ma dovevo farla a perfetti sconosciuti e IN FRANCESE! L’ansia di quegli attimi prima di prendere fiato, organizzare il cervello e pensare a come fermare il passante me la ricordo ancora molto bene…!
Penso di aver smesso di avere cosi’ paura delle persone dopo che ho avuto i figli. Quindi devo anche a loro questo cambio di rotta nel mare della mia personalita’. Avevo 30 anni. E un giorno ho deciso di smettere di pensare troppo agli altri…e di smettere di mangiarmi le unghie. Ero ufficialmente una persona nuova, matura, e stavo per spaccare il mondo. Beh, quello non proprio, visto che non e’ che ho fatto chissa’ che, pero’ e’ vero che mi sono ridisegnata, mi sono perdonata tante cose e concesse altre.
Spostarmi a vivere in Australia e’ stato l’evento che mi ha fatto maturare piu’ di tutti: all’improvviso mi sono trovata a 34 anni, in un Paese straniero, circondata da persone che non conoscevo e da situazioni completamente nuove. Era l’occasione perfetta per rifarmi una identita’! E cosi’, mi sono reinventata: nuovi skills, nuove idee e nuovi obiettivi. Mi sono messa in gioco tante volte, ho cambiato direzioni, amicizie, simpatie e antipatie. Sono passata da esperienze meravigliose a esperienze da dimenticare, ma la cosa fondamentale e’ che finalmente ho acquistato quella fiducia in me stessa che ho tardato tanto a riconoscere.
Ora sono capace non solo di parlare con gli sconosciuti, ma anche di contattarli al telefono (ancora al telefono faccio fatica…ma piano piano ci sto arrivando), sui social, alle feste, senza avere cosi’ tanta paura di essere rifiutata. La famosa paura del rifiuto e’ uno di quei macigni che ci fanno andare a fondo se non stiamo attenti. Una volta non confessavo nemmeno ad un ragazzo se mi piaceva, per paura che dicesse “tu no“. E quante occasioni sprecate! Adesso ME NE STRAFREGO e mi butto. E di sicuro non ne perdo una di occasioni adesso! La vita e’ troppo breve per avere rimpianti.
Qualche tempo fa ero su Linkedin e ho visto un post di un tizio che aveva fatto un’intervista ad una ragazza che ha messo su un business di pasticcini, torte e paste. E ho pensato: “quasi quasi gli chiedo se vuole sentire la storia della Piera” (di Piera Pasta Fresca, ndr.). Ho pensato dopo che se avesse detto OK, avremmo dovuto fare un’intervista in inglese per uno dei suoi Podcast di Principle of Hospitality su Spotify e Apple. Prima ho agito, poi ho pensato. E quando ha detto: “yes of course, I would love to!“, mi sono c….a addosso…ma poi mi son detta: “sai che ti dico? Ma facciamola! Chissene frega!”
E cosi’, a gennaio io e la Piera siamo andate in studio di registrazione a fare l’intervista – che ci e’ venuta benissimo, senza nemmeno dover tagliare o rifare parti – e pochi giorni fa e’ uscita su Spotify e Apple Podcast. L’ansia iniziale dello stare sedute di fronte ad un microfono spugnoso e cicciotto – disegnato apposta per catturare ogni parola detta alla giusta distanza – e’ stata superata quasi subito, grazie all’host Shaun de Vries, un ragazzo molto bravo che ci ha messo a proprio agio con le domande giuste e il ritmo giusto. Le parole e gli argomenti ci sono venuti fuori in maniera fluida e naturale, tanto che sembrava una chiacchierata fatta al bar. Potete trovare l’intervista e il podcast QUI
Che dire, sto andando avanti a collezionare esperienze della vita: dopo la pubblicazione in un libro (post QUI ), ora Spotify! E poi in questo periodo sono piena di cosi’ tante idee che mi servirebbero giornate da 40 ore per poterle esplorare tutte. Forse sono arrivata ad una fase della mia vita in cui penso a quante cose non voglio perdermi e a quante esperienze voglio fare, prima di assestarmi.
Anche se…la parola “assestarsi” non penso rientri proprio nel mio vocabolario.