Capita, nella vita, di dover buttare via degli oggetti del passato. Per motivi di spazio, di riordino, di trasloco. Perché vorremmo sempre tenere tutto, ma non possiamo.
“Potrebbe tornare di moda”, “potrebbe servirmi ancora”, “potrebbe servire ai miei figli o ai miei nipoti”. Oppure “magari un giorno ci guarderò di nuovo”. Quanti buoni propositi eh?
La realtà è che se una cosa è stata messa via, magari in un vecchio armadio o in cantina, significa che le abbiamo già detto addio tanto tempo prima. Ma non vogliamo ammetterlo a noi stessi, perché in qualche modo ci sentiamo in colpa. Vorremmo liberarcene ma non vogliamo – o magari non riusciamo – a tagliare il cordone.
Non è facile dire addio alle persone, ma nemmeno agli oggetti, soprattutto quando racchiudono memorie del passato a cui siamo affezionati. Sgombrando garage e cantine si ritrovano vecchi disegni di quando eravamo piccoli, gelosamente conservati dalle nostre mamme. Stampi di manine, obbrobri di ceramica fatti alle elementari. E poi diari segreti dell’adolescenza, custodi delle nostre prime delusioni d’amore e delle famose cotte. E lettere, tante lettere da amici e spasimanti vicini e lontani, litri di inchiostro impresso su fogli bianchi o colorati, abbelliti da adesivi e corredati da fotografie e disegni. Quanto passato racchiuso in quelle lettere!
Eppure…quando le rileggeremmo mai? Quanti segreti sono contenuti in quelle lettere?! Segreti che magari è meglio che vengano sepolti e mai rivelati. Ma quanto male fa buttare via le cose! Quanto male fa il gesto di strappare la carta e buttarla nel bidone! È come se il suono dello strappo sancisca la fine, l’impossibilità di tornare indietro.
Bisognerebbe avere case con cantine immense dove poter conservare le memorie del passato, i cimeli di gioventù, i giochi vecchi, i vestiti dei figli quando erano piccoli. Perchè alla fine conservare gli oggetti è un modo per non chiudere col passato, per ricordarci chi siamo e da dove veniamo.
Per ricordarci che dietro ad un titolo di studio ci sono stati chili di quaderni e fotocopie, temi in classe, lezioni, seminari, fotocopie, corsi all’estero, mostre visitate, cartoline spedite, dépliant e biglietti conservati e cartine dettagliate di città Europee, quando ancora non c’era Google Maps.
Per ricordarci che dietro all’adulto di oggi ci sono ore ed ore di giochi di società, puzzle, piste, lego, bambole. Ci sono scarabocchi che al bambino di allora sembravano capolavori. Ci sono artefatti asimmetrici creati da manine inesperte e frettolose. Ci sono adesivi e cimeli conservati, che adesso non ci dicono niente, ma che allora costituivano il nostro tesoro.
Buttare via è una delle forme di chiusura più dolorose, perché una volta buttato qualcosa, non c’è più possibilità di recupero. È un gesto crudele e spietato che ci costringe a fare delle scelte: o questo o quello. E scegliere a volte è la cosa più difficile da fare.
Una signora una volta ha detto: “quando butti via qualcosa devi metterla prima al centro della stanza e poi ringraziarla di essere esistita nella tua vita. Ci deve essere una sorta di rituale di addio. Questo è l’unico modo per non stare male.”
In questi giorni sto aiutando mia mamma a sgombrare la cantina e mi sto rendendo conto di quanto sia pesante e doloroso separarsi da cose che appartengono al mio passato. E avrei preferito buttare via tutto senza vedere cosa c’era dentro le scatole.
L’unica cosa che mi consola è sapere che tutte le cose che ho buttato via sono impresse nella mia memoria e fanno e faranno sempre parte di me, salvate in quel grandissimo archivio che parte dal nostro cervello e arriva alla nostra anima.
E parlando di passato, mentre buttavo via mi tornavano in mente vecchie canzoni…
1. Destinazione Paradiso: https://youtu.be/VU01YTSs2h8
2. Tra me e te: https://youtu.be/TolW1PSejmg
3. Ho messo via: https://youtu.be/g3QHaSwYrxA
4. Come mai: https://youtu.be/ThGCZN1HPbE