Ho cominciato a guardare la Formula 1 con mio padre, nel 1989, quando avevo 9 anni.
Era un po’ la “nostra cosa”. Mi ricordo che le domeniche in cui le gare avvenivano in orari decenti, di solito dopo pranzo, io e papa’ ci chiudevamo in sala, accendevamo la grossa TV col tubo catodico e ci mettevamo comodi sul vecchio divano in tessuto.
Ce ne stavamo col fiato sospeso dalla partenza fino a quando veniva sventolata la bandiera a scacchi che proclamava il vincitore.
Pensavamo sempre a cosa poteva succedere fra una curva e un rettilineo, a chi poteva superare chi, a quale macchina avrebbe avuto dei problemi tecnici, o se ci sarebbero stati degli incidenti.
Mi ricordo che non capivo il senso delle cose che dicevano i commentatori, ma ero affascinata da quanto parlavano velocemente e da quante cose sapevano e riuscivano a dire in pochi secondi! Ogni tanto mi rimavena impressa una frase particolare o un fatto che raccontavano, e nei giorni successivi la ripetevo ai compagni di scuola, genitori e amici, pur non avendo la minima idea di cosa stessi parlando, ma sapendo che stavo raccontando qualcosa di “cool“.
Un po’ come quando imparai l’equazione di Einstein che stabilisce la relazione tra l’energia e la massa di un sistema fisico: E= MC al quadrato. Ovviamente non capivo cosa fosse o cosa significasse, ma mi sentivo troppo intelligente e volevo ripeterla a pappagallo a tutti. Che buffi che siamo da piccoli…!
Tornando alla Formula 1, mentre le immagini colorate scorrevano velocemente sullo schermo, sognavo di essere li’, di sentire il rombo assordante dei motori, percepire l’odore pungente della gomma bruciata o dell’asfalto bagnato. Ce le ricordiamo bene le vecchie immagini delle TV negli anni ’80 e ’90 e di come erano imperfette, spesso sfocate e di bassa qualita’. Non esisteva la precisione di immagine, non esistevano telecamere che riprendevano ogni minimo dettaglio o che non lasciavano spazio ad alcun dubbio. Era tutto cosi’ meravigliosamente grezzo, naturale, impreciso. Vero.
Mi ricordo quel terribile giorno a Imola, nel 1994, quando Senna si schianto’. Mi ricordo il caos, le immagini, gli sguardi increduli, il silenzio. E Michael sul podio, che penso abbia poi odiato con tutto se stesso. A 14 anni certi ricordi rimangono impressi, soprattutto quando sono cosi’ vicini che li puoi quasi toccare.
In quegli anni le corse erano molto piu’ pericolose, le auto erano molto meno sicure, ma i piloti sembravano molto piu’ umani.
Di Schumacher mi ricordero’ sempre lo sguardo concentrato, la smorfia arrogante, la grinta, ma anche il sorriso e l’umanita’ che mostrava con tutti. E poi dei duelli con “mascellone” Coulthard (come lo chiamavo io!) e del povero Barrichello, che doveva sempre stare dietro e non intralciare.
Ricordo Villeneuve biondo platino, Eddie Irvine (e la pubblicita’ della Valleverde in cui diceva qualcosa tipo “anche io adoro camminare in una valle verde”, col suo accento British), e il freddo uomo nel nord Mikä Häkkinen, che mi inquietava e allo stesso tempo mi affascinava.
E poi c’erano personaggi come Jean Todt – il gemello separato alla nascita di Alvaro Vitali 😀 -, Montezemolo sempre incravattato e i vari “United Colors of Benetton” e tanti altri simboli di quegli anni.
Ho smesso di appassionarmi di Formula 1 intorno al 2011-2012, non so bene perche’, ma forse per tanti motivi diversi. Penso che in quegli anni la Formula 1 stava cambiando (evolvendo?) verso un modello che non mi apparteneva piu’. Michael si era ritirato, poi ebbe l’incidente sulle piste da sci nel 2013, e tutto cambio’.
E’ la maledizione della leggenda: Niki Lauda, Ayrton Senna, Michael Schumacher: tutti piloti che hanno avuto il dono di diventare dei simboli, dei modelli, delle vere e proprie leggende viventi. Tutti e tre hanno avuto destini simili, con conseguenze diverse, ma che hanno comunque segnato la fine di qualcosa. Le gare senza di loro non sono mai state piu’ le stesse, e ogni volta noi fan ci siamo dovuti affezionare a qualcuno di nuovo, qualcuno che potesse riempire il vuoto lasciato.
Io, da quando Schumacher e’ uscito dalle scene, non ci sono riuscita. Non ho piu’ trovato il pilota o il team che potesse darmi la motivazione per continuare a guardare la Formula 1 con la stessa passione. E cosi’ ho smesso.
Recentemente ho avuto la fortuna di assistere a 2 Gran Premi di Australia a Melbourne, che sono state esperienze memorabili, ma non ho piu’ guardato le gare in TV.
10 anni fa la Formula 1 ha cominciato a cambiare…o forse sono io che sono cambiata e non l’ho piu’ sentita “mia”.
Il documentario Netflix su Michael Schumacher ha fatto riaffiorare tanti bei ricordi legati probabilmente ad alcuni degli anni piu’ malinconici e allo stesso tempo piu’ memorabili della mia vita.
Consiglio vivamente di guardarlo, soprattutto a quelli della mia generazione.