“Sono io e non lo sono, vado via e resto sempre qui. Questa frase scompiglia brevemente la mia malinconia come un sussulto che fa oscillare i rami, che fa tremare le foglie di un albero.”

Ogni estate leggo un libro in italiano. È come un appuntamento con me stessa, con la mia lingua madre, con la mia terra.

Quest’anno è toccato a “Dove mi trovo” della scrittrice bengalese Jhumpa Lahiri, di cui ho anche la dedica, grazie a mia mamma. Che belle queste cose!

È una lettura che scorre veloce, semplice, diretta e incisiva. Non ti dà il tempo di fare molti ragionamenti sulle righe appena lette. Sono fatti, istantanee di vita, eventi descritti senza fronzoli, senza spazi per filosofare. Proprio come piace a me.

Ci ho messo tre giorni per finirlo…cioè conto di finirlo oggi perché mi mancano pochissime pagine. E mi sono imbattuta in questo paragrafo, che mi ha fatto sobbalzare. L’ho riletto tre volte. Ci ho trovato me stessa. Perché questa è la mia condizione, questa è la mia convinzione: che sono di passaggio, non mi sento di nessuno, di nessuna parte e mi sento che non sarò mai arrivata. Questa è la mia vita, questa è la mia condanna. O forse la mia salvezza.