L’inglese è molto vario soprattutto perché lo parlano come prima lingua circa 360 milioni di persone nel mondo. Ci sono migliaia di modi di dire, di frasi fatte, di detti e di acronimi (gli anglosassoni li adorano!!) e oggi volevo segnalarne uno che mi ha fatto riflettere un po’ quando ho imparato cosa significava:
➡ FOMO (/ˈfəʊməʊ/) = Fear Of Missing Out, ovvero la paura di non riuscire a fare quello che altre persone stanno facendo. Si tratta di una vera e propria “ansia sociale” caratterizzata dal desiderio di stare costantemente connessi (anche in senso letterale) con quello che gli altri stanno facendo o vivendo, per non perdersi occasioni o momenti particolari.
Il fenomeno è stato identificato nel 1996 ma l’acronimo sembra sia stato usato per la prima volta nel 2002. Se ci pensiamo bene non è altro che il classico problema che avevamo più o meno tutti da bambini e adolescenti, quando volevamo far parte di un gruppo e magari venivamo esclusi o semplicemente non cercati. È la paura di essere lasciati fuori, da soli, e di non essere coinvolti. Nella società moderna questo fenomeno ha acquistato un significato ancora più rilevante, proprio per il fatto che è sempre di più collegato alle nostre vite “social”.
Ci sono veramente un sacco di persone che soffrono di FOMO! Come quella che si intromette all’improvviso in una conversazione fra te e altre persone, intrufolandosi prepotentemente nel gruppetto e monopolizzando la conversazione con una raffica di: “Chi? Cosa stavate dicendo? Di chi stavate parlando? Perché? Dovecomecosaquando??”. Atteggiamento iper-fastidioso davvero! Le persone seriamente “FOMO” sono spesso egocentriche, ansiose, insicure, apprensive, gelose e quasi mai sono piacevoli compagne di avventure o dialoghi.
La FOMO può sfociare in un vero e proprio disturbo della personalità.
Alcuni studi sociali hanno indicato che 1 persona su 3 sopra i 18 anni soffre di FOMO (anche se mi sembra un po’ esagerato…) e che almeno il 56% di chi usa i social media ha questo problema.
I social media sono la nostra finestra sul mondo, dalla quale facciamo vedere pezzi della nostra vita: viaggi, eventi a cui prendiamo parte, concerti, ristoranti dove ceniamo, cafè dove facciamo colazione, film che guardiamo, persone con cui usciamo etc. A volte li usiamo per comunicare qualcosa a tante persone contemporaneamente (il classico “due piccioni con una fava” che ora è diventato qualcosa tipo 100+ contatti con un post), a volte per attirare l’attenzione, altre volte addirittura per creare un po’ di scompiglio e “mettere zizzania” (diverse persone si divertono a iniziare discorsi che 9 volte su 10 porteranno a discussioni e battibecchi virtuali!). Un giorno ci sentiamo particolarmente carini? Beh ci va di farlo vedere e postiamo un selfie. Stiamo facendo qualcosa di particolarmente figo? Ecco che lo condividiamo online per farlo presente (e magari anche fare ingelosire) ai nostri contatti. Stiamo bevendo un aperitivo in compagnia: il selfie con gli amici e lo spritz è d’obbligo ormai.
Siamo diventati sempre più un popolo fatto da gente che ha bisogno di sentirsi osservata, apprezzata, amata, lodata e perchè no anche invidiata, non più solo dai vicini di casa, ma dal mondo intero, che grazie alla rete è a portata di mano con pochi click. Chi più chi meno, siamo tutti così. E i nostri figli lo saranno ancora di più, che ci piaccia o no. A meno che non faremo fare loro una vita da Amish. Questa enorme evoluzione (o involuzione) dell’essere umano, che da “animale sociale” sta diventando sempre di più un “animale social-media“, ci sta guidando verso comportamenti nuovi, modi di pensare diversi anche solo da quelli di appena 20 anni fa (che non è tanto se ci pensiamo!) e di conseguenza verso nuove fobie o possibili problemi psicologici collegati al nostro modo di concepire il mondo e di relazionarci con gli altri.
Ecco quindi che siamo tutti potenzialmente soggetti anche alla FOMO, chi in maniera più leggera o occasionale, chi in modo più serio. Perché la famosa erba del vicino magari non ci interessa…ma una sbirciatina al prato gliela diamo lo stesso. Per vedere se è veramente verde come dice, o se è erba finta o se racconta balle…e per vedere se anche noi possiamo averla come lui. Siamo diventati tutti più curiosi delle vite degli altri e di sapere cosa fanno gli altri, grazie anche alla possibilità di scoprirlo sempre più facilmente con Facebook o altri mezzi. Le nostre vite sono sempre più pubbliche, e la nostra immagine o il nostro nome possono diventare in pochi secondi dominio di tutti, anche solo se veniamo taggati o menzionati (col famoso @) da qualcuno! Anche se non lo volevamo. Tag: e ti trovi nella seconda pagina di google images! Avete mai provato a digitare il vostro nome su google? È incredibile quello che viene fuori a volte!
Possiamo cercare di frenare il fenomeno o di dare meno spunti possibili che alimentino questa curiosità globale intorno a noi, ma nessuno è immune.
Una volta un mio contatto mi disse: “ah io tanto so tutto quello che fai perché lo vedo su Facebook!”. E la mia risposta fu: “Beh io su Facebook metto solo quello che voglio far vedere!”.
Se pensiamo di poter combattere contro il “mostro” che governa sempre di più le nostre vite sociali abbiamo perso già in partenza. Quindi credo che l’unica cosa saggia da fare sia cercare di comprenderne i meccanismi, affiancarlo, essere consapevoli della sua forza e non sottovalutarlo mai né abbassare mai la guardia. E forse potremo fare di lui un alleato anziché un nemico.
Per approfondire (in inglese):