Chi mi conosce bene sa che una delle cose fondamentali della mia vita e’ la musica.

Ho cominciato a 3 anni, mi ricordo ancora, quando mio padre mi faceva ascoltare “The final cut” (1983) dei Pink Floyd per farmi sentire il rombo del jet fighter. Mi ricordo che mi faceva sedere vicino alle casse dello stereo e mi diceva: “aspetta aspetta, sta per arrivare il rombo dell’aereo!” e io mi mettevo li’, attenta, in completa adorazione di mio padre e della sua musica, in attesa di sentire il jet che puntualmente passava a tutto volume e mi assordava, ma era tutto troppo bello per me, che mi sentivo inizialmente in ansia, poi appagata e felice di condividere questa cosa col mio adorato papa’.

Crescendo ho sempre ascoltato le cose che ascoltava lui: Pink Floyd, Santana, Rolling Stones, Creedence, perche’ quello che faceva lui era sempre fighissimo, e alla fine le canzoni che ascoltava mi piacevano molto, quindi eravamo a posto 🙂

Il primo concerto da sola fu nel 1997 a Forli: andai a vedere I Litfiba per “Mondi Sommersi Tour”. Fu il primo concerto per me, e mi ricordo che ero nel parterre, insieme con un paio di amiche, per fortuna alte come me. Appena attaccarono con “Spirito” la folla comincio’ a saltare e a ballare, incurante dei vicini, e per me – diciassettenne appena uscita dal guscio – fu una cosa spaventosa, per quanto affascinante: avevo un po’ di paura, ma magari se mi fossi mossa anche io come loro tutto sarebbe stato piu’ facile. Magari dovevo solo lasciarmi andare al ritmo e pogare con tutti gli altri. Gia’ mi immaginavo la faccia dei miei genitori, preoccupati che andasse tutto bene e che mi facessi trovare al punto di incontro stabilito, una volta finito il concerto, e possibilmente senza gambe o braccia rotte. Fu una gran bella esperienza e per me segno’ l’inizio di una lunga serie di concerti ed eventi musicali a cui ho preso parte nel corso della mia vita: Smashing Pumpkins, Depeche Mode, Muse, Coldplay, Cranberries, Negrita, Editors, Heineken Jammin’ festival, Blur, MTV music awards, Skunk Anansie, Placebo, HIM, Queens of the Stone Age, Roxy Bar, Roger Waters, Temper Trap, Cousteau, Hans Zimmer, AC/DC…per nominarne alcuni (e nemmeno in ordine cronologico). Ogni concerto mi ha lasciato ricordi indelebili di momenti intensi, magici, unici.

Per me andare ai concerti e’ una delle esperienze piu’ belle che uno possa provare. Ogni concerto e’ unico, irripetibile, un ricordo che mi portero’ dentro per tutta la vita: le persone che sono venute con me, gli odori, I suoni, le luci, I momenti, I brividi quando suonano le canzoni che amo di piu’…le emozioni che provo ascoltando un brano eseguito dal vivo, le parole dei cantanti, le persone che si incontrano. A proposito di questo, durante il concerto dei Muse nel 2013 ho conosciuto una delle mie migliori amiche! Era davanti a me con suo fratello, entrambi due pertiche, e mi ricordo che pensai: “ma con tutto il posto che c’e’, proprio davanti a me sti due?”. Poi un tizio vicino a noi collasso’, verde come una mela Granny Smith (evidentemente troppa droga e troppo alcol), e si accascio’ a terra, farfugliando cose che nessuno capiva. La ragazza, Elisa, si giro’ e incontro’ il mio sguardo. Entrambe scoppiammo a ridere e da quel momento ci godemmo il concerto insieme, mentre io facevo a gara con Davide, suo fratello, a quante canzoni indovinavamo (ovviamente vinsi io ma lui ancora non lo ammette!). Quel concerto di Torino segno’ l’inizio di una bella amicizia con entrambi, che dura ancora, nonostante la distanza.

Io mi ricordo bene cosa voleva dire andare ad un concerto una volta:

1- mettersi in fila davanti ai cancelli per 3 o 4 o 5 ore, sotto la pioggia, o il sole a picco, o il gelo, sopportando il tizio vicino che cercava di intortarti, quello che aveva gia’ l’ascella pezzata, quello che faceva il figo mostrando la maglietta del concerto dell’anno prima, quello che cantava a squarciagola le canzoni senza nemmeno indovinare le parole (auana-sgnaaaaps!)

2- armarsi di anfibi Dr.Martens per proteggere I piedi dall’inevitabile pogo (si perche’ io non sono mai stata a concerti di Celine Dion o simili). Oltre a quelli, jeans rigorosamente vecchi e non puliti, perche’ tanto avrebbero assorbito tutta la puzza del fumo e si sarebbero macchiati con le gocce di birra provenienti dai bicchieri altrui, maglietta nera o se possibile della band. Felpa per il pre- e post-concerto, e in inverno ovviamente una giacca che si poteva appallottolare e infilare nello zaino.

3- prendere su zainetto con bottiglia d’acqua, panino con la mortadella e il formaggio, che dopo 4 ore di fila sotto al sole sapeva di piedi marci, pacchetto di cicche, fazzoletti perche’ e’ fisso che nei bagni dei palazzetti non c’e’ mai la carta igienica e meglio essere premuniti. Carta e penna, si sa mai che riuscissi a beccare il cantante per un autografo (mai successo).

Appena aprivano i cancelli, davanti a noi una mandria di gente si fiondava di corsa verso il palco, facendo la staffetta e sgomitando per prendere le postazioni migliori, dove si potevano vedere I peli del naso del cantante o il sudore del chitarrista. Io non ho mai corso per arrivare proprio davanti, perche’ un po’ avevo paura che mi schiacciassero, e un po’ perche’ cercavo sempre di stare in posizioni da cui potessi raggiungere il bagno senza troppi problemi. Fissazioni mie. Una volta tutti dentro si attendeva che cominciasse l’atteso concerto, con le orecchie dritte e gli occhi pronti a cogliere l’improvviso abbassamento di luci che avrebbe indicato l’inizio del primo pezzo. Nell’aria si sentiva odore di sigarette e anche di spinelli, la gente beveva birra come se non ci fosse un domani. Alle prime note tutti si buttavano nella mischia a ballare, a prendersi a spallate, a oscillare a destra e a sinistra, ondeggiando e saltando, dimenandosi come fiamme, in preda all’estasi musicale. Se vuoi sopravvivere in mezzo al pogo la regola e’ semplice: poga anche tu, tieniti saldo al tuo vicino, segui il movimento degli altri e lasciati andare. Prega di non stancarti troppo facilmente o che tu non debba andare al bagno, se no ti travolgono!

Da qualche anno a questa parte sono stata a dei concerti, ma sara’ perche’ sono invecchiata (!!), sara’ perche’ mi sono un po’ calmata…me li sono fatti seduta! Lo so, la cosa e’ vergognosa e mi sento veramente una gran sfigata a confessarlo, ma non so come, gli ultimi 4 concerti li ho visti in Australia e qui si respira un clima…diverso.

Intanto qui le file ai cancelli si fanno, ma sono in qualche modo piu’ ordinate, piu’ veloci e piu’ organizzate rispetto all’Italia. La gente qui raramente ti prende a gomitate o ti scansa violentemente da una parte per passare. Al massino ti chiede con gentilezza di poter passare e poi lo fa con il minor spostamento d’aria possibile. Quando si sta seduti ci si gode il concerto in modo strano: non puoi saltare o pogare, quindi al massimo scuoti la testa a ritmo, batti le mani e quando proprio non contieni piu’ l’eccitazione balzi in piedi e cominci a muoverti pensando di essere nell’arena…ma poi ti rendi conto presto che o tutti quelli intorno a te fanno uguale, e allora siamo a posto, o ti tocca rimetterti seduto, se I tuoi vicini non accennano ad alzarsi. Diciamo che farsi un concerto seduti e’ molto tranquillo e ordinato…ma si gode la meta’!

E farsi un concerto in Australia…beh…e’ molto diverso che farselo in Italia.

Qualche giorno fa sono stata a vedere I Foo Fighters ed ero nell’arena come quando ero giovane! La band e’ stata bravissima, ha suonato per quasi 3 ore e con un’energia pazzesca! Ma…quasi nessuno si muoveva!! Incredibile assistere ad un pubblico quasi fermo nel bel mezzo di un concerto rock! Qualcuno scuoteva la testa, qualcuno le spalle, qualcun altro saltellava o batteva le mani, ma quasi nessuno si muoveva da quei pochi centimetri quadrati di spazio personale! E questo bizzarro atteggiamento e’ subito saltato agli occhi di Dave Grohl, il quale non credeva a quello che vedeva e non ha fatto altro che prenderci in giro per tutto il concerto, commentando su quanto fossimo mosci e poco “engaging”. Mi sono vergognata, anche se io ero fra I pochi che si muovevano di piu’.

Io, Eleonora e Alex

Mi chiedo se questo “contemplare” un concerto piu’ che “viverlo” sia il risultato dei tempi in cui viviamo, in cui non puoi portarti una bottiglia di acqua da fuori, in cui prima di entrare ti perquisiscono zaini e tasche, in cui siamo tutti potenziali assassini, spacciatori o terroristi. Tempi in cui nessuno si fida piu’ di nessuno, tempi in cui non puoi fare qualcosa senza che tu venga monitorato da telecamere nascoste o da dispositivi di localizzazione.

Siamo tutti perennemente in allerta, distratti, nervosi, attenti a quello che diciamo o che facciamo. Stiamo perdendo la spontaneita’, quel briciolo di pazzia che ci fa sentire piu’ vivi, e ci stiamo adattando a quello che la societa’ si aspetta da noi. Chi piu’ e chi meno. E’ come se avessimo anche paura di divertirci in modo sano, senza pensieri e senza carichi. E’ come se vivessimo con la costante attesa che qualcosa stia sempre per accadere.

Io rimpiango la spensieratezza e la leggerezza degli anni ’90 e primi 2000, quando eravamo lasciati piu’ liberi, senza telefonini, senza la smania di condividere foto o avvenimenti della nostra vita con tutti in ogni istante. E lo dico pensando anche a me, perche’ sono colpevole come tanti.

Un’ultima riflessione: mi sono resa conto di come sono cambiati i tempi e i modi quando invece degli accendini abbiamo acceso i cellulari…

[…]

I—I’m a new day rising
I’m a brand new sky
To hang the stars upon tonight

But I—I’m a little divided
Do I stay or run away
And leave it all behind?

[4x]
It’s times like these you learn to live again
It’s times like these you give and give again
It’s times like these you learn to love again
It’s times like these time and time again …

Times like these – Foo Fighters (2002)