Brano consigliato per la lettura: “Hopeless wanderer” – Mumford&Sons
Quando Dio ha distribuito il senso dell’orientamento io si vede che ero in bagno. Non so cosa sia, ma sono assolutamente impedita. Riesco a perdermi anche seguendo la navigazione di Google maps, perché ad esempio, se comincio la navigazione mentre sono all’uscita della stazione, non capisco se devo andare a destra o a sinistra…perché penso: “e se il navigatore mi guarda di spalle? Invertiamo le direzioni no? Vabbè, piccola premessa per raccontarvi un fatterello che mi successe appena arrivata.
In famiglia abbiamo una sola macchina, un Mitsubishi Outlander del 2010 preso di seconda mano da un tizio che si vede che abitava in qualche remota zona dell’Australia, perché già 3 anni fa aveva 141.000 km (e ora ne ha 172.000). Il mio primo acquisto quando sono arrivata a Melbourne è stato quindi un secondo mezzo di trasporto…ovvero una bicicletta. La comprai dal mio vicino di casa per 80 dollari. Una bella bici con le gomme da offroad. Con quella andavo a portare a scuola i bambini (che ovviamente avevano le loro bici) e li andavo a prendere. Era già un miracolo che avessi memorizzato il tragitto casa-scuola (facile, era praticamente una enorme pista ciclabile da percorrere fino alla fine). Ancora non lavoravo, quindi avevo tempo per esplorare i dintorni e il quartiere, poi era estate, si stava bene e tutto era nuovo e da scoprire. Una mattina dovevo andare in un ufficio, che si trova a Camberwell, a pochi km da dove abitavo io.
Ore 11.00: indosso pantaloncini, t-shirt, il casco obbligatorio (capisco che è utile, ma agli occhi di un italiano è veramente ridicolo), occhiali da sole, spalmo le aree di pelle rimaste scoperte con la crema solare protezione 50+, riempio la borraccia (mai uscire senza acqua qui in estate perché il rischio disidratazione è altissimo) e prendo il telefono, che aveva una carica del 60%, ma tanto avevo visto sulla mappa che era facilissimo arrivare dove dovevo arrivare; ci avrei messo 15 minuti ad andare e 15 a tornare. Avevo UN SACCO di tempo prima delle 15,30, quando avrei dovuto prendere i bambini da scuola. Inforco la bici e parto. Nella mia testa visualizzavo la mappa e tutto stava procedendo in maniera regolare. Infatti sono arivata a Camberwell, ho fatto le cose che dovevo fare e addirittura ho fatto un giro per negozi. Poi verso le 13.00 mi accingo a tornare a casa, perchè cosi avrei avuto tutto il tempo per mangiare e uscire di nuovo per andare a scuola. Mi rimetto in sella e dai…non è così difficile fare la stessa strada al contrario…no? Invece sì. Ad un certo punto penso: “beh ma…se io poi taglio di qua…sbuco di là…e evito la strada principale che è molto trafficata”. Teoricamente era anche un pensiero intelligente. Praticamente si è rivelato un disastro. Ho svoltato in una viuzza di un quartiere che sembrava quello di “The Truman Show“: case tutte simili, alberi uguali, auto parcheggiate uguali, cani uguali, tutto maledettamente uguale. E niente, mi sono persa. Mi sono trovata a girare avanti e indietro senza meta. Ad un certo punto non capivo più dove fosse il nord e il sud, anche perchè il sole era allo Zenit e, oltre a farmi sudare e disidratare, mi confondeva ancora di più. Penso di aver attraversato la ferrovia 4 o 5 volte, non ricordandomi poi più dove fosse la direzione giusta. Avevo letteralmente perso l’orientamento! Ma cavolo, in quei diavolo di quartieri non esiste un punto di riferimento nemmeno a pagarlo! Alla disperazione di essermi persa si sono aggiunti ulteriori fattori ansiogeni:
1- la batteria del telefono era al 10% quindi non riuscivo nemmeno a usare Google maps (ma forse mi sarei persa anche con quello…)
2- ho chiesto indicazioni a ben 3 vecchietti e tutti e 3 mi hanno detto cose diverse. Quindi come non detto.
3- erano le 14.45 e io alle 15.30 dovevo essere a scuola e non avevo una mezza idea di quanto fossi lontana dalla meta.
4- ero stanca e stremata, il sole mi cuoceva, le gambe e il sedere mi facevano male e mi era rimasta poca acqua.
Ma ecco che nel momento della disperazione, tiriamo fuori risorse incredibili: con la batteria al 2% ho chiamato la scuola, dicendo che avrei tardato di qualche minuto (ottimista direi). Poi ho notato che poco più in là c’era un tradie (un operaio di cantiere) che stava mangiando un panino nel suo pickup. Mi sono avvicinata, e gli ho chisto di farmi vedere nella sua mappa del telefono dove mi trovassi rispetto alla scuola. Dovevo avere un aspetto spaventoso perché lui non mi guardava nemmeno negli occhi. Sulla mappa diceva che ero a 25 minuti di bici dalla scuola, ed erano già le 15.25. Non ce l’avrei mai fatta ad arrivare in tempo! Ad un certo punto lo guardo disperata e dico “but I need to be at school NOW!”, condendo il mio grido disperato con una scenata strappalacrime. Lui alza gli occhi, mi guarda e con voce tremula dice: “I don’t know…would you like me to…” non aveva nemmeno finito la frase che avevo urlato “YES!”, caricato la bici sul pickup ed ero salita in macchina, sedendomi su sacchetti vuoti di patatine e un cartone per la pizza. Ed ecco che partiamo, alla volta della scuola. Per tutto il tragitto non mi guardava e anzi, se ne stava tutto spostato a destra per evitare ogni tipo di contatto con me. Dentro di me pensavo che stavo trasgredendo alla regola aurea #2 “mai accettare un passaggio da uno sconosciuto” (la #1 credo sia “mai accettare caramelle dagli sconosciuti“), ma me ne strafregavo perché la mia priorità era arrivare a scuola, no matter what! Lui credo pensasse che fossi una psicopatica…poverino…come biasimarlo…ero ridotta veramente male!
Finalmente alle 15.45 siamo arrivati a scuola, con “solo” 15 minuti di ritardo. Mi ha scaricato la bici, e io gli ho anche offerto 10 dollari, che ha rifiutato. Ho provato a far leva sul fatto che avrei avuto piacere che si fosse bevuto una birra alla mia salute, ma niente, lui voleva solo scappare da me, da quella pazza che gli ha fatto pure saltare la pausa pranzo. Non ho insistito.
Di lui ricordo solo il nome, Luke, e che mi ha letteralmente salvato la vita quel giorno. Non me lo dimenticherò mai.
Thanks mate!